Passando alle forme secondarie di cefalea, la classificazione del 1988 utilizzava la dizione “associate a”, mentre la nuova versione ricorre alla dizione “attribuite a” in quanto il nesso causale tra le patologie sottostanti e la cefalea è stato, nel corso degli ultimi 15 anni, stabilito con maggiore chiarezza.

Vengono forniti, inoltre, dei criteri diagnostici comuni a tutte le cefalee secondarie in base ai quali:

a) devono essere rispettati i parametri indicati per ciascuna forma;

b) è conosciuta la possibilità che l’alterazione organica riscontrata possa determinare cefalea;

c) la cefalea si presenta in stretta relazione temporale con la patologia organica e sussistono evidenze per una relazione di causa-effetto;

d) la cefalea va incontro ad un evidente miglioramento entro 3 mesi (talvolta anche più precocemente) dal trattamento o dalla remissione spontanea della patologia sottostante.

Importante novità: l’introduzione delle cefalee attribuite a disturbi psichiatrici.

Nella precedente versione questo capitolo mancava del tutto, nella nuova viene inserito ma risulta molto breve perché i dati scientifici relativi a questo settore sono a tutt’oggi assai scarsi; la corrispondente sezione risulta invece in appendice, per la stessa motivazione, molto ampia.

Compaiono anche:

  • la cefalea attribuita a trauma distorsivo cervicale da contraccolpo,
  • la cefalea attribuita a ematoma intracranico traumatico,
  • la cefalea attribuita a crisi epilettiche,
  • la cefalea attribuita a malformazione di Arnold Chiari tipo I,
  • la cefalea indotta da donatori di ossido nitrico e da CGRP,
  • la cefalea da “overuse” di farmaci,
  • la cefalea cronica post-meningite batterica e la cefalea cervicogenica.