DICEMBRE 2017
Trattamento di profilassi con lomerizina aumenta il flusso ematico cerebrale nella fase intercritica dell’emicrania.
Ikeda K et al.
J Stroke Cerebrovasc Dis. 2017 Dec 5. pii: S1052-3057(17)30608-0. doi:10.1016/j.jstrokecerebrovasdis.2017.11.004. [Epub ahead of print]
La diagnosi e le caratteristiche della cefalea in donne gravide : uno studio cross-sectional retrospettivo.
Raffaelli B, Siebert E, Körner J, Liman T, Reuter U, Neeb L.
J Headache Pain. 2017 Dec 4;18(1):114. doi: 10.1186/s10194-017-0823-1.
Il volume della sostanza grigia cerebrale nei pazienti con emicrania cronica: correlazioni cliniche.
Coppola G et al.
J Headache Pain. 2017 Dec 8;18(1):115. doi: 10.1186/s10194-017-0825-z.
NOVEMBRE 2017
La cefalea come primo sintomo della Sclerosi Multipla: i risultati di uno studio prospettico multicentrico.
Gebhardt M, Kropp P, Jürgens TP, Hoffmann F, Zettl UK.
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Un trial controllato di Erenumab nell’emicrania episodica
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Fremanezumab come trattamento in add-on per i pazienti emicranici già in profilassi.
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Gli antagonisti per il recettore del glutammato come possibile trattamento per l’emicrania
Ferrari A, Rustichelli C, Baraldi C.
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Studio randomizzato di proclorperazina e difenidramina in somministrazione parenterale vs idromorfone in pazienti emicranici.
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Neurology. 2017 Nov 14;89(20):2075-2082. doi: 10.1212/WNL.0000000000004642. Epub 2017 Oct 18.
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La regione sopraorbitaria: un’esplorazione anatomica del legame neuro-vascolare con particolare riferimento al dolore emicranico frontale.
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Emicrania associata all’altitudine: i risultati di uno studio di popolazione in NEPAL.
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Nuovi sviluppi della terapia di prevenzione dell’emicrania pediatrica: cosa c’è di nuovo nel 2017 e dove siamo ancora?
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Il tinnito in paziente con cefalea: il contribuito del tipo di cefalea e della sede del dolore sulle caratteristiche del tinnito.
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Inibizione selettiva dei neuroni trigemino-vascolari con fremanezumab: un anticorpo monoclinale anti-CGRP.
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La prevenzione dell’emicrania episodica attraverso la stimolazione vestibolare calorica; un trial randomizzato controllato.
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Sicurezza e tollerabilità di erenumab come profilassi dell’emicrania cronica: uno studio di fase II, randomizzato, in doppio cieco, versus placebo.
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Gli effetti dell’implementazione di acido folico e piridossina sulle caratteristiche degli attacchi di emicrania nei pazienti con emicrania con aura: uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato per placebo.
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L’emicrania con aura in età pediatrica: un’ampia serie di casi italiani.
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L’“imbalance” dopaminergico D2 / D3 durante l’attacco di emicrania e l’allodinia in vivo.
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La comparsa di cefalea e i tipi di cefalea nei pazienti con tumori della regione sellare – può l’intervento chirurgico risolvere il problema? I risultati di uno studio prospettico in un singolo centro.
Siegel S, Weber Carneiro R, Buchfelder M, Kleist B, Grzywotz A, Buslei R, Bingel U, Brabante G, Schenk T, Kreitschmann-Andermahr I.
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Ruolo della β endorfina nella percezione del dolore a seguito di stimolazione magnetica trascranica ripetitiva ad alta frequenza nell’emicrania.
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Esiti del parto in donne con emicrania acuta in gravidanza: uno studio retrospettivo.
Grossman TB, Govindappagari S, Dayal AK, Robbins MS.
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Stato emicranico episodico: un nuovo sottotipo di emicrania.
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DICEMBRE 2017
Trattamento di profilassi con lomerizina aumenta il flusso ematico cerebrale nella fase intercritica dell’emicrania.
Ikeda K et al.
J Stroke Cerebrovasc Dis. 2017 Dec 5. pii: S1052-3057(17)30608-0. doi:10.1016/j.jstrokecerebrovasdis.2017.11.004. [Epub ahead of print]
Nei pazienti emicranici sono state segnalate in letteratura modificazioni nel flusso ematico cerebrale regionale (rCBF). Tuttavia, si sa poco su come i farmaci antiemicranici di profilassi possano influenzare il rCBF. La lomerizina, un calcio antagonista, è stata utilizzata per la profilassi dell’emicrania in Giappone. Questi autori nipponici hanno esaminato il rCBF dopo il trattamento con lomerizina. Sono stati arruolatisoggetti affetti da emicrania con aura(MA) e senz’aura (MO), secondo i criteri della classificazione internazionale ICHD, beta-revision della terza edizione. La l Lomerizina (10 mg / die, per via orale) è stata somministrata per 3 mesi. I punteggi all&’Headache Impact Test-6 (HIT-6) e i valori di pressione sanguigna (BP) sono stati confrontati al baseline e alla fine dello studio (3° mese). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a SPECT cerebrale (mediante 99mTc-etile cysteinate dimer) nel periodo intercritico. I dati SPECT sono stati analizzati secondo i criteri del modello revisionato di stereotassi tridimensionale regionale. Le variabili clinico-radiologiche sono state analizzate mediante il test t di Student abbinato. Dieci emicranici (4 uomini e 6 donne) hanno completato lo studio (4 affetti da MA e 6 pazienti da MO). L’età media era di 54,1 anni (deviazione standard [SD] 10,1). La durata media dell’emicrania era di 25.3 (DS 9.8) anni. Il punteggio medio di HIT-6 era 66,3 (SD 11,7). Il trattamento con Lomerizina ha diminuito significativamente i punteggi di HIT-6 (P <.01). Il trattamento con Lomerizina ha aumentato il rCBF del 20% approssimativamente nelle regioni cerebrali frontale, parietale, temporale e occipitale. La pressione arteriosa, invece,non differiva significativamente dopo il trattamento con lomerizina. Gli auotri concludono che tale studio ha mostrato un aumento significativo del rCBF interictale dopo il trattamento con lomerizina negli emicranici. L’upregulation del rCBF potrebbe contribuire al meccanismo antiemicranico della lomerizina.
La diagnosi e le caratteristiche della cefalea in donne gravide : uno studio cross-sectional retrospettivo.
Raffaelli B, Siebert E, Körner J, Liman T, Reuter U, Neeb L.
J Headache Pain. 2017 Dec 4;18(1):114. doi: 10.1186/s10194-017-0823-1.
La cefalea è uno dei sintomi neurologici più frequenti nelle donne in gravidanza. La diagnosi precoce delle eventuali patologie secondarie sottostanti ha un notevole impatto sulla prognosi delle pazienti, specialmente nelle situazioni di emergenza. Tuttavia, al momento non esistono linee guida definite per la valutazione diagnostica della cefalea ad esordio acuto in gravidanza . Autori tedeschi hanno cercato di definire in questo studio le caratteristiche della cefalea ad esordio acuto nelle donne in gravidanza relativamente a fattori demografici, clinici e diagnostici, al fine di determinare i fattori predittivi di una possibile cefalea secondaria. Sono stati analizzati retrospettivamente i dati di 151 donne in gravidanza che hanno ricevuto una valutazione specialistica neurologica per cefalea presso la Charité di Berlino negli anni compresi tra il 2010 e il 2016. Per valutare i fattori di rischio per cefalea secondaria in questi pazienti sono state messee a confronto le diverse caratteristiche anamnestiche e cliniche della cefalea primaria e secondaria. Nel 57,6% dei pazienti è stato posta diagnosi di cefalea primaria, più frquentemente emicrania e cefalea di tipo tensivo, mentre le cause più frequenti di cefalea secondaria erano infezioni (29,7%) e ipertensione (22,0%). I due gruppi di apzienti non differivano nelle caratteristiche anamnestiche e cliniche della loro cefalea. Nell’analisi di regressione logistica multivariata, sono emersi come fattori predittivi indipendenti di cefalea secondaria la presenza di una storia di cefalea secondaria [O 6.6; IC 95% 1.3-33.1], di pressione sanguigna elevata [OR 7.2; 95% CI 2.3-22.6], di febbre [OR 12.1; 95% CI 1.3-111.0] e un esame obiettivo neurologico alterato [O 9,9; 95% CI 2.7-36.3]. Per quanto riguarda le procedure diagnostiche aggiuntive, risultavano valori predittivi associati a cefalea secondaria i riscontri di alterazioni nei valori di piastrine, GOT, GPT e proteina C reattiva, presenza di proteinuria, dati patologici all’esame chimico-fisico del liquor e alle neuro immagini. Gli autori hanno così concluso che le cefalee secondarie appaiono abbastanza frequenti in corso di gravidanza, verificandosi in oltre un terzo dei casi di cefalea ad esordio acuto che si sottopone a consulto neurologico. La maggior parte delle caratteristiche anamnestiche e cliniche potrebbero non consentire una chiara distinzione tra una cefalea primaria e secondaria. I medici dovrebbero prestare particolare attenzione alla presenza di una storia di cefalea secondaria, pressione sanguigna elevata, comparsa di febbre e anormalità di alcuni indici bioumaroali in presenza di una cefalea ad esordio acuto in donne gravide.Sinonimi di BACKGROUND: Acute headache is one of the most frequent neurological symptoms in pregnant women. The early diagnosis of underlying secondary conditions has a major influence on patient outcome, especially in emergency settings. However, at the time being no well-established guideline for diagnostic evaluation of acute headache during pregnancy exists. In this study, we aimed to characterize acute headache in pregnant women concerning demographic, clinical, and diagnostic features, and to determine predictors of secondary headache. METHODS: We analysed retrospectively the data of 151 pregnant women receiving neurological consultation due to acute headache at the Charité Berlin between 2010 and 2016. To assess risk factors for secondary headache in these patients we compared multiple anamnestic and clinical features of the primary and secondary headache group. RESULTS: 57.6% of the patients were diagnosed with primary headache, most common migraine and tension type headache. Concerning secondary headaches, the most common aetiologies were infections (29.7%) and hypertensive disorders (22.0%). The primary and secondary headache group were similar in most anamnestic and clinical features. In multivariate logistic regression analysis, secondary headache history [OR 6.6; 95% CI 1.3-33.1], elevated blood pressure [OR 7.2; 95% CI 2.3-22.6], fever [OR 12.1; 95% CI 1.3-111.0] and abnormal neurological examination [OR 9.9; 95% CI 2.7-36.3] represented independent predictors for secondary headache. Regarding additional diagnostic procedures, abnormal thrombocytes, GOT, GPT and CRP, proteinuria, pathologic results of lumbar puncture and neuroimaging were associated with secondary headache. CONCLUSIONS: Secondary headache disorders are common during pregnancy, occurring in over one third of acute headache cases receiving neurological consultation. Most anamnestic and clinical features may not allow a clear distinction between primary and secondary headaches. Clinicians should pay attention to the presence of secondary headache history, elevated blood pressure, fever and abnormal findings in the neurological examination. Additional investigations, including laboratory tests and neuroimaging, are essential for the diagnostic process.
Esempi per BACKGROUND: Acute headache is one of the most frequent neurological symptoms in pregnant women. The early diagnosis of underlying secondary conditions has a major influence on patient outcome, especially in emergency settings. However, at the time being no well-established guideline for diagnostic evaluation of acute headache during pregnancy exists. In this study, we aimed to characterize acute headache in pregnant women concerning demographic, clinical, and diagnostic features, and to determine predictors of secondary headache. METHODS: We analysed retrospectively the data of 151 pregnant women receiving neurological consultation due to acute headache at the Charité Berlin between 2010 and 2016. To assess risk factors for secondary headache in these patients we compared multiple anamnestic and clinical features of the primary and secondary headache group. RESULTS: 57.6% of the patients were diagnosed with primary headache, most common migraine and tension type headache. Concerning secondary headaches, the most common aetiologies were infections (29.7%) and hypertensive disorders (22.0%). The primary and secondary headache group were similar in most anamnestic and clinical features. In multivariate logistic regression analysis, secondary headache history [OR 6.6; 95% CI 1.3-33.1], elevated blood pressure [OR 7.2; 95% CI 2.3-22.6], fever [OR 12.1; 95% CI 1.3-111.0] and abnormal neurological examination [OR 9.9; 95% CI 2.7-36.3] represented independent predictors for secondary headache. Regarding additional diagnostic procedures, abnormal thrombocytes, GOT, GPT and CRP, proteinuria, pathologic results of lumbar puncture and neuroimaging were associated with secondary headache. CONCLUSIONS: Secondary headache disorders are common during pregnancy, occurring in over one third of acute headache cases receiving neurological consultation. Most anamnestic and clinical features may not allow a clear distinction between primary and secondary headaches. Clinicians should pay attention to the presence of secondary headache history, elevated blood pressure, fever and abnormal findings in the neurological examination. Additional investigations, including laboratory tests and neuroimaging, are essential for the diagnostic process.
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Traduzioni di BACKGROUND: Acute headache is one of the most frequent neurological symptoms in pregnant women. The early diagnosis of underlying secondary conditions has a major influence on patient outcome, especially in emergency settings. However, at the time being no well-established guideline for diagnostic evaluation of acute headache during pregnancy exists. In this study, we aimed to characterize acute headache in pregnant women concerning demographic, clinical, and diagnostic features, and to determine predictors of secondary headache. METHODS: We analysed retrospectively the data of 151 pregnant women receiving neurological consultation due to acute headache at the Charité Berlin between 2010 and 2016. To assess risk factors for secondary headache in these patients we compared multiple anamnestic and clinical features of the primary and secondary headache group. RESULTS: 57.6% of the patients were diagnosed with primary headache, most common migraine and tension type headache. Concerning secondary headaches, the most common aetiologies were infections (29.7%) and hypertensive disorders (22.0%). The primary and secondary headache group were similar in most anamnestic and clinical features. In multivariate logistic regression analysis, secondary headache history [OR 6.6; 95% CI 1.3-33.1], elevated blood pressure [OR 7.2; 95% CI 2.3-22.6], fever [OR 12.1; 95% CI 1.3-111.0] and abnormal neurological examination [OR 9.9; 95% CI 2.7-36.3] represented independent predictors for secondary headache. Regarding additional diagnostic procedures, abnormal thrombocytes, GOT, GPT and CRP, proteinuria, pathologic results of lumbar puncture and neuroimaging were associated with secondary headache. CONCLUSIONS: Secondary headache disorders are common during pregnancy, occurring in over one third of acute headache cases receiving neurological consultation. Most anamnestic and clinical features may not allow a clear distinction between primary and secondary headaches. Clinicians should pay attention to the presence of secondary headache history, elevated blood pressure, fever and abnormal findings in the neurological examination. Additional investigations, including laboratory tests and neuroimaging, are essential for the diagnostic process.
Il volume della sostanza grigia cerebrale nei pazienti con emicrania cronica: correlazioni cliniche.
Coppola G et al.
J Headache Pain. 2017 Dec 8;18(1):115. doi: 10.1186/s10194-017-0825-z.
Ad oggi sono stati eseguiti pochi studi di risonanza magnetica in pazienti affetti da emicrania cronica (CM), specialmente in quelli senza un “uso eccessivo”di farmaci. Gli auotri hanno condotto analisi di “voxel base morphometry” (VBM) eseguite mediante risonanza magnetica (MRI) per indagare il volume della sostanza grigia (GM) dell’intero cervello dei pazienti affetti da CM. L’obiettivo dello studio era quello di verificare se le variaizoni nei volumi di GM erano legate alle caratteristiche cliniche della CM. Venti pazienti con CM non trattati, senza una precedente storia ‘uso eccessivo di farmaci, sono stati sottoposti a scansioni con MRI 3-Tesla e i dati confrontati con quelli di un gruppo di 20 soggetti di controllo sani (HC). Sono stati utilizzati i softwares SPM12 e la toolbox CAT12 per elaborare i dati di risonanza magnetica e per eseguire le analisi di VBM nelle scansioni MRI strutturali ( pesate in T1). Il volume della GM dei pazienti è stato confrontato con quello dei soggetti HC. Per verificare eventuali correlazioni, le caratteristiche cliniche dei pazienti e le mappe di GM sono state sottoposte ad analisi di regressione. Inizialmente, non sono state trovate differenze significative nel volume della GM tra pazienti con CM e HC (p <0.05 corretto per confronti multipli). Tuttavia, usando soglie statistiche non corrette più liberali, i pazienti con CM potevano essere suddivisi in gruppi in cui alcune regioni cerebrali avevano un volume di GM inferiore tra cui il cervelletto, il giro temporale medio sinistro, il polo temporale / amigdala / ippocampo / pallidum / la corteccia orbito-frontale e aree occipitali sinistre (Aree di Brodmann 17/18). Il volume della GM degli emisferi cerebellari correlava negativamente con la durata di malattia e positivamente con il numero di compresse assunte al mese. Gli autori a Non sono stati osservati cambiamenti morfometrici macroscopici in pazienti con CM rispetto ai soggetti HC. Tuttavia, utilizzando limiti statistici più ampi, è stato osservato che la CM è associata a minime variazioni di volume della GM in diverse aree del cervello note per essere coinvolte nella nocicezione / antinocicezione, nella integrazione multisensoriale e nella dipendenza da analgesici. Gli autori ipotizzano che queste lievi alterazioni morfometriche potrebbero portare, almeno in un sottogruppo di pazienti, allo sviluppo e alla prosecuzione dell’uso di farmaci sintomatici.
NOVEMBRE 2017
La cefalea come primo sintomo della Sclerosi Multipla: i risultati di uno studio prospettico multicentrico
Gebhardt M, Kropp P, Jürgens TP, Hoffmann F, Zettl UK.
Brain Behav. 2017 Nov 16;7(12):e00852. doi: 10.1002/brb3.852. eCollection 2017 Dec.
La sclerosi multipla (SM) è la più frequente infiammazione immuno-mediata del sistema nervoso centrale che può portare a disabilità precoce. La cefalea non è stata storicamente, nei primi studi, considerata come un sintomo correlato alla SM; tassi di prevalenza elevati, invece, sono stati segnalati già a partire dal 2000. L’esame istologico postmortem del cervello dei pazienti affetti da SM ha rivelato la presenza di strutture simili ai follicoli linfoidi nell meningi cerebrali, suggerendo un possibile meccanismo fisiopatologico per l’elevata prevalenza della cefalea nella SM. Lo scopo di questo studio era valutare le caratteristiche cliniche della cefalea quando questa compare come primo sintomo di SM. In questo studio prospettico, multicentrico, sono stati reclutati 50 pazienti con diagnosi di CIS o MS. Tutti i partecipanti sono stati selezionati per la presenza di cefalea nelle ultime 4 settimane con l’aiuto del questionario Rostock (Rokoko) per la cefalea. Trentanove su cinquanta (78%) pazienti intervistati hanno riferito cefalea nelle ultime precedenti 4 settimane. La maggior parte dei pazienti soffriva di cefalea pulsante (25, 50%), 15 (30%) hanno riportato un dolore trafittivo, 14 (28%) grvativo e costrittivo. Gli autori hanno osservato che la cefalea era il sintomo prevalente nel 78% dei pazienti con CIS e SM di nuova diagnosi. È tra i più alti tassi di prevalenza mai segnalati nei pazienti con CIS o SM. La cefalea, e in particolare l’emicrania, è un sintomo frequente di esordio clinico della sclerosi multipla. Se fosse possibile definire l’esistenza di una cefalea tipica della SM, i pazienti con questa froma di mal di testa e con alterazioni morfologiche tipiche alla risonanza magnetica potrebbero essere classificati come affetti da CIS o SM precoce e trattata di conseguenza con una terapia immunomodulatoria, anzichè definiti come affetti da sindrome radiologicamente isolata.
Un trial controllato di Erenumab nell’emicrania episodica
Goadsby PJ et al.
N Engl J Med. 2017 Nov 30;377(22):2123-2132. doi: 10.1056/NEJMoa1705848.
Gli autori hanno testato l’efficacia di erenumab, un anticorpo monoclonale umano che inibisce il recettore del peptide correlato al gene della calcitonina, nella profilassi dell’emicrania episodica. Hanno assegnato in modo casuale i pazienti in tre gruppi: pazienti sottoposti ad iniezione sottocutanea di erenumab ad una dose di 70 mg, pazienti a 140 mg, o pazienti trattati con placebo mensile, tutti per 6 mesi. L’end point primario era numero medio di giorni di emicrania /mese al baseline, dopo 4 e 6 mesi di trattamento. Gli endpoint secondari erano: la riduzione del 50% o superiore in numero medio di giorni di emicrania al mese; la variazione nel numero di giorni con uso di farmaci specifici per l’emicrania; la variazione nei punteggi di disabilità fisica e nelle attività quotidiane alla scala Function Impact Diary (scala trasformata da 0 a 100, con punteggi più alti che rappresentano un impatto maggiore di emicrania sulle performance quotidiane). Sono stati sottoposti a randomizzazione in totale 955 pazienti: 317 sono stati assegnati al gruppo trattato con 70 mg di erenumab, 319 al gruppo con 140 mg di erenumab e 319 al gruppo placebo. Il numero medio di giorni di emicrania al mese al baseline era pari a 8,3 nella popolazione complessiva; nei mesi dal 4 al 6, il numero medio di giorni di emicrania si è ridotto di 3,2 giorni nel gruppo trattato con erenumab 70 mg e 3,7 giorni nel gruppo trattato con erenumab 140 mg, rispetto a 1,8 giorni nel gruppo placebo (P <0,001 per ciascuna dose vs. placebo). Una riduzione del 50% o più del numero medio di giorni di emicrania al mese è stata raggiunta dal 43,3% dei pazienti nel gruppo con erenumab 70 mg e dal 50,0% dei pazienti nel gruppo trattato con erenumab 140 mg, rispetto al 26,6% del gruppo placebo (P <0,001 per ciascuna dose rispetto al placebo); il numero di giorni di utilizzo di un farmaco specifico per l’emicrania si è ridotto di 1,1 giorni nel gruppo trattato con erenumab 70 mg e di 1,6 giorni nel gruppo trattato con erenumab 140 mg, rispetto a 0,2 giorni nel gruppo placebo (P <0,001 per ciascuna dose rispetto al placebo). I punteggi della disabilità fisica sono migliorati rispettivamente di 4,2 e 4,8 punti nei gruppi trattati con 70 mg e 140 mg di erenumab, rispetto ai 2,4 punti nel gruppo placebo (P <0,001 per ciascuna dose rispetto al placebo) e i punteggi delle attività giornaliere sono migliorati di 5,5 e 5,9 punti nei gruppi 70 mg e 140 mg di erenumab, rispettivamente, rispetto ai 3,3 punti nel gruppo placebo (P <0,001 per ciascuna dose rispetto al placebo). Le percentuali di eventi avversi erano simili nei pazienti trattati con erenumab e nel gruppo placebo. Erenumab somministrato per via sottocutanea ad una dose mensile di 70 mg o 140 mg ha ridotto in modo significativo la frequenza dell’emicrania, gli effetti disabilitanti dell’emicrania sulle attività quotidiane e l’assunzione di farmaci sintomatici per l’emicrania per un periodo di 6 mesi. La sua sicurezza a lungo termine e la durata del suo effetto richiedono ulteriori studi.
OTTTOBRE 2017
Fremanezumab come trattamento in add-on per i pazienti emicranici già in profilassi
Cohen JM, Dodick DW, Yang R, Newman LC, Li T, Aycardi E, Bigal ME.
Headache. 2017 Oct;57(9):1375-1384. doi: 10.1111/head.13156. Epub 2017 Sep 1.]
Fremanezumab (TEV-48125) è un anticorpo monoclonale diretto contro il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP), bersaglio confermato per la terapia preventiva dell’emicrania. In due precedenti studi di fase 2, il fremanezumab, somministrato una volta ogni 28 giorni per 12 settimane, è risultato efficace e sicuro come trattamento preventivo per i pazienti affetti da emicrania episodica (EM) e emicrania cronica (CM). Lo scopo di questo studio è valutare l’efficacia e la sicurezza di fremanezumab come terapia preventiva aggiuntiva (add-on) in soggetti con EM e CM in corso di trattamento con farmaci di profilassi per emicrania. Due studi randomizzati e controllati verso placebo hanno in passato testato fremanezumab rispetto a placebo in EM e CM a varie dosi mensili (sempre per somministrazione s.c). Le informazioni relative all’emicrania sono state registrate quotidianamente utilizzando un diario elettronico. I dati raccolti erano relativi a tre gruppi di pazienti, tutti che assumevano stabilmente farmaci di profilassi e rispettivamente dosi di fremanezumab di 225 mg o 675/225 mg o placebo. Il campione era costituito da 133 pazienti (67 tratti con fremanezumab e 66 con placebo). La riduzione complessiva dei giorni di emicrania per l’intera durata dello studio è stata di 12,4 giorni per il gruppo tratto con fremanezumab e di 7,4 giorni per il gruppo placebo (p = 0,0321). Si è osservata anche una riduzione nei giorni di cefalea moderata / grave (12,5 vs 7,1, P = 0,0058) e nei giorni di assunzione di farmaci sintomatici per mal di testa rispetto al placebo (11,6 vs 7,5, P = 0,0414). Gli eventi avversi sono stati generalmente lievi e transitori e nessun evento avverso grave è stato considerato correlato al trattamento dagli investigators. In base a tali risultati, gli autori suggeriscono che fremanezumab possa essere un trattamento aggiuntivo sicuro ed efficace per i pazienti con emicrania trattati in concomitanza con altri farmaci di profilassi.
Gli antagonisti per il recettore del glutammato come possibile trattamento per l’emicrania
Ferrari A, Rustichelli C, Baraldi C.
Expert Opin Investig Drugs. 2017 Dec;26(12):1321-1330. doi: 10.1080/13543784.2017.1395411. Epub 2017 Oct 27.
Dati clinici, pre-clinici e altro (ad es. indagini genetiche) supportano il concetto che la suscettibilità all’emicrania può derivare almeno parzialmente da un alterazione del sistema glutammatergico. Pertanto, i recettori del sistema glutammatergico sono considerati possibili nuovi obiettivi dei farmaci sperimentali per il trattamento dell’emicrania. Gli antagonisti del recettore del glutammato (GluRAs) hanno dimostrato di possedere proprietà antinocicettive in modelli preclinici di nocicezione trigeminovascolare e sono stati valutati in studi clinici. In questa review gli autori analizzano gli studi preclinici e clinici di GluRA per il trattamento dell’emicrania attraverso una ricerca nel database PubMed (dal 1987 al dicembre 2016) e una revisione degli studi pubblicati su GluRAs in pazienti con emicrania.Tutti gli studi clinici pubblicati sugli GluRAs sperimentali non hanno avuto esito positivo nello stabilire un beneficio per il trattamento sintomatico dell’emicrania. I risultati degli studi clinici contrastano con i dati preclinici, suggerendo che il glutammato (Glu) non gioca un ruolo decisivo dopo che l’attacco è già stato attivato. Questi antagonisti possono invece essere utili per la profilassi dell’emicrania. Al fien di migliorare la cura del paziente emicranico, gli autori ritengono che sia necessaria un ulteriore analisi critica del ruolo di Glu nell’emicrania, progettare modelli sperimentali per studiare più recettori e i corrispondenti antagonisti e identificare biomarcatori per facilitare studi mirati a specifici sottogruppi di pazienti con emicrania.
Studio randomizzato di proclorperazina e difenidramina in somministrazione parenterale vs idromorfone in pazienti emicranici
Friedman BW et al.
Neurology. 2017 Nov 14;89(20):2075-2082. doi: 10.1212/WNL.0000000000004642. Epub 2017 Oct 18.
Questo studio è stato condotto in due Pronto Soccorso (ED) di New York City al fine di confrontare i risultati della somministrazione in pazienti emicranici di idromorfone e.v. vs proclorperazina + difenidramina e.v. Sono stati arruolati solo i pazienti che soddisfavano i criteri diagnostici per l’emicrania che non abbiano assunto un oppiaceo nel mese precedente. I pazienti e tutti gli operatori sanitari partecipatni al trial erano in ciceco riguardo al trattamento. I pazienti sono stati randomizzati in blocchi di 4. I pazienti hanno ricevuto idromorfone 1 mg in gruppo o proclorperazina 10 mg + difenidramina 25 mg nell’atro. La difenidramina è stata somministrata per prevenire l’acatisia, un effetto collaterale comune della proclorperazina endovenosa. L’outcome primario era il sollievo dal mal di testa, definito come il raggiungimento di un livello di mal di testa lieve o assente entro 2 ore dalla somministrazione del farmaco e il mantenimento di tale livello per 48 ore senza il bisogno di ulteriori farmaci. Sono stati arruolati in totale 127 pazienti. L’outcome primario è stato raggiunto nel gruppo trattato con proclorperazina in 37 su 62 (60%) pazienti e nel gruppo trattato con idromorfone in 20 su 64 (31%) pazienti. L’idromorfone e.v. appare sostanzialmente meno efficace della proclorperazina nel trattamento dell’emicrania acuta in PS e non deve essere usato come terapia di prima linea. Questo studio fornisce un’evidenza di classe I di efficacia in pazienti in PS con emicrania dell’associazione proclorperazina IV + difenidramina rispetto alla somministrazione parenterale di idromorfone.
SETTEMBRE 2017
La regione sopraorbitaria: un’esplorazione anatomica del legame neuro-vascolare con particolare riferimento al dolore emicranico frontale.
Berchtold V et al.
J Plast Reconstr Aesthet Surg 2017 Sep; 70(9):1171-1180.
Dati recenti sulla patogenesi della cefalea emicranica frontale, oltre ad una causa vasogenica centrale, indicano un meccanismo periferico alternativo di compressione dei nervi cranici del distretto facciale. Ciò è ulteriormente supportato dalla dimostrazione dell’efficacia delle iniezioni di tossina botulinica come nuova opzione di trattamento nei pazienti affetti da emicrania frontale. Le regioni sopraorbitarie di 22 emivisi imbalsamati con alcol-glicerina di entrambi i sessi sono state dissecate e analizzate. Sono stati identificati entrambi i nervi sopratrocleari e sovraorbitari (STN e SON), e la loro relazione con il muscolo corrugatore sopraciliare (CSM) è stata studiata mediante dissezione e ultrasuoni. Il decorso di entrambi i nervi è stato definito ed è stato determinato il rapporto tra l’arteria sopraorbitaria (SOA) ed il relativo nervo (SON). Questi autori austriaci hanno scoperto un nuovo punto di possibile compressione dello STN che passa attraverso il setto orbitale e hanno verificato i punti di compressione precedentemente descritti sia di STN sia di SON. Sono stati costantemente ritrovati canali osteofibrotici del STN e del SON. E’ stata fatta una descrizione della topografia variabile dello STN e del CSM, del SON e del CSM, e del SON e della SOA. Gli autori, inoltre, forniscono un interessante algoritmo per la visualizzazione con ultrasuoni del fascio neurovascolare sopraorbitario. I dati supportano l’ipotesi di un meccanismo periferico per la cefalea emicranica a localizzazione frontale indotta dai seguenti potenziali punti di irritazione: in primo luogo, il CSM viene costantemente perforato dal SON e spesso dal STN; in secondo luogo, la vicinanza topografica tra la SOA e il SON e i canali osteofibrotici utilizzati dai SON e STN; e terzo, la constatazione che il nervo STN passa attraverso il setto orbitale.
AGOSTO 2017
Emicrania associata all’altitudine: i risultati di uno studio di popolazione in NEPAL.
Linde M et al.
Eur J Neurol 2017 Aug;24(8):1055-1061.
In un precedente studio pilota del 1988 in Perù è stata suggerita una possibile associazione tra emicrania ed esposizione cronica ad alta quota. Questo nuovo studio scandinavo-nepalese fornisce prove epidemiologiche che confermano tale assunto. In uno studio cross-sectional di popolazione, un campione rappresentativo di adulti nepalesi è stato reclutato attraverso campionamenti stratificati. I soggetti sono stati visitati e intervistati a casa da personale qualificato utilizzando un questionario adattato culturalmente. È stata registrata l’altitudine di dimora di ciascun partecipante. Di 2100 partecipanti, oltre la metà [1100 (52,4%)] erano residenti ad altitudini oltre i 1000 metri e quasi un quarto [470 (22,4%)] a ≥ 2000 metri. La prevalenza dell’emicrania, standardizzata per età e sesso, appare aumentata dal 27,9% al 45,5% con un’altitudine compresa tra 0 e 2499 m e successivamente ridotta al 37,9% ad altitudini ≥2500 m. La probabilità di avere l’emicrania era maggiore (rapporto di dispersione, 1,5-2,2, P <0,007) a tutte le altitudini superiori ai 500 m. Inoltre, tutti i sintomi aumentano con un’altitudine nell’intervallo da <500 m a 2000-2499 m, ossia la frequenza media di crisi passa da 1,3 a 3,0 giorni / mese (P <0,001), la durata media da 9 a 24 h (P <0,001) e l’intensità del dolore inteso come massima intensità dal 35,5% al 56,9% (P = 0,011). Tali risultati appaiono invece seguire un trend in diminuzione per altitudini superiori ai 2500 m. La dimora ad altitudini comprese tra 500 e 2499 metri aumenta non solo la prevalenza dell’emicrania, ma anche la gravità dei suoi sintomi.
Nuovi sviluppi della terapia di prevenzione dell’emicrania pediatrica: cosa c’è di nuovo nel 2017 e dove siamo ancora?
Kacperski J, Bazarsky A.
Curr Pain Headache Rep. 2017 Aug;21(8):38.
Le cefalee nei bambini sono abbastanza comuni; tuttavia, lo studio e la caratterizzazione della cefalea nell’età pediatrica sono storicamente limitati. A causa della mancanza di studi controllati sul trattamento profilattico della cefalea in pazienti in questo gruppo di età, la diagnosi di emicrania si basa su criteri analoghi a quelli degli adulti. Allo stesso modo, i dati degli studi sugli adulti sono spesso estrapolati ed applicati ai bambini. Anche se molte terapie di profilassi risultano sicure nei bambini, attualmente nessun farmaco è approvato da FDA o EMA per questo gruppo di età. Di conseguenza, molti dei bambini con emicrania che si rivolgono ai loro medici di base non ricevono alcuna terapia preventiva nonostante siano altamente invalidati dal disturbo. Studi clinici controllati che indagano sull’uso di farmaci preventivi nei bambini hanno evidenziato elevati tassi di risposta al placebo. La minore durata del mal di testa e altre caratteristiche del dolore emicranico nei bambini sono tali da rendere più problematica la progettazione di studi controllati randomizzati in questo gruppo di età. L’esperienza terapeutica varia notevolmente, anche tra gli specialisti, a causa dell’assenza di linee guida basate sulle prove da studi clinici. Lo studio CHAMP (prevenzione dell’emicrania dell’infanzia e dell’adolescenza) è stato sviluppato per esaminare l’efficacia di due dei farmaci di profilassi più ampiamente prescritti per l’emicrania pediatrica e contribuisce a ridurre questo divario. Ad oggi, è stato il più grande studio del suo genere sull’emicrania pediatrica; il trial è stato però precocemente interrotto in quanto ha mostrato che nessuno dei due farmaci preventivi per l’emicrania pediatrica era più efficace del placebo nel ridurre il numero di giorni di cefalea per un periodo di ben 24 settimane. I soggetti nei due gruppi (amitriptilina e topiramato) avevano tassi più elevati di eventi avversi rispetto a quelli che avevano ricevuto placebo.
Il tinnito in paziente con cefalea: il contribuito del tipo di cefalea e della sede del dolore sulle caratteristiche del tinnito.
Langguth B, Hund V, Landgrebe M, Schecklmann M.
Front Neurol 2017 Aug 28;8:440.
Sia l’esperienza clinica sia gli studi clinici suggeriscono una relazione tra acufene e mal di testa. Questi autori tedeschi hanno cercato di indagare l’influenza del tipo di cefalea e la sua lateralità sulle caratteristiche del tinnito. Il database Tinnitus Research Initiative del Tinnitus Center dell’Università di Regensburg è stato sottoposto a screening per i pazienti che hanno riferito, oltre al tinnito, anche mal di testa. Questi pazienti sono stati ricontattati per completare ulteriori questionari validati. Sulla base di questi dati, i pazienti sono stati classificati in base al tipo di emicrania, alla sede del dolore e alle loro caratteristiche cliniche, confrontando tali dati con quelli dei pazienti con solo acufene. I dati di 193 pazienti con tinnito e mal di testa sono stati confrontati con quelli di 765 pazienti con tinnito e senza mal di testa. I pazienti con tinnito e concomitante cefalea hanno punteggi più elevati nei questionari mirati, una minore qualità di vita e più frequentemente una sensazione dolorosa per suoni forti, vertigini, dolore (collo e articolazione temporomandibolare) e sintomi depressivi rispetto ai pazienti con tinnito senza mal di testa. Sia la sede del dolore che il tipo di emicrania determinano un maggior grado di compromissione nei pazienti con tinnito, in particolare cefalee bilaterali o unilaterali sinistre e l’emicrania o la cefalea a grappolo riguardo al tipo di mal di testa. Tale correlazione può essere spiegata come un effetto “additivo” di entrambi i disturbi sulla qualità di vita del paziente. Il riscontro di una frequente associazione tra tinnito e mal di testa suggerisce in tale gruppo di pazienti l’esistenza di una maggiore amplificazione dei segnali sensoriali.
LUGLIO 2017
Inibizione selettiva dei neuroni trigemino-vascolari con fremanezumab: un anticorpo monoclinale anti-CGRP.
Melo-Carrillo A et al.
J Neurosci 2017 Jul 26;37 (30):7149-7163.
Moltissime sono le evidenze scientifiche che supportano un ruolo importante del gene associato al peptide per la calcitonina (CGRP) nella fisiopatologia dell’emicrania. Ciò ha dato origine ad uno sforzo globale per sviluppare una nuova generazione di terapie che inibiscono l’interazione del CGRP con il suo recettore nell’emicrania. Recentemente, una nuova classe di tali farmaci, gli anticorpi monoclonali umanizzati anti-CGRP (CGRP-mAbs), si è dimostrata efficace nel ridurre la frequenza dell’emicrania. Lo scopo di questo studio è quello di capire meglio come il fremanezumab (TEV-48125) CGRP-mAb sia capace di modulare il pattern sensoriale meningeo. Per rispondere a questa domanda, questi autori americani hanno utilizzato la registrazione a singola fibra per determinare gli effetti di fremanezumab (30 mg / kg, IV) e del suo anticorpo di controllo sulle attività spontanea ed evocata nei neuroni trigemino-vascolari naive e sensibilizzati dalla CSD del nucleo trigeminale spinale di ratti maschi e femmine anestetizzati. Lo studio dimostra che, in entrambi i sessi, il fremanezumab è capace di inibire i neuroni naive ad alta soglia (HT), ma non i neuroni trigemino-vascolari ad ampio spettro e che tali effetti inibitori sui neuroni si osservano solo se la loro attivazione avveniva dalla dura intracranica e non dalla cute della faccia o dalla cornea. Inoltre, quando è dato tempo sufficiente, il fremanezumab previene l’attivazione e la sensibilizzazione dei neuroni HT indotta dalla CSD. Gli autori sostengono che questi risultati possano suggerire che i neuroni HT assumono un ruolo fondamentale nell’esordio della percezione della cefalea e nello sviluppo di allodinia cutanea e di sensibilizzazione centrale. Clinicamente, i risultati possono aiutare a spiegare il vantaggio terapeutico di CGRP-mAb nella riduzione delle emicranie di origine intracranica come l’emicrania con l’aura e nello stesso tempo suggerire che tale approccio terapeutico potrebbe non essere efficace per tutte le forme di emicrania. In sintesi, gli anticorpi monoclonali (CGRP-mAbs) anti-CGRP sono in grado di prevenire l’emicrania. Tuttavia, il loro meccanismo di azione è sconosciuto. Nello studio in corso, gli autori mostrano che, se è dato sufficiente tempo, un mAbs- CGRP può prevenire l’attivazione e la sensibilizzazione dei neuroni trigemino-vascolari ad alta soglia (centrali) indotta dalla CSD, ma non la loro attivazione dalla cute o dalla cornea, suggerendo una possibile spiegazione della selettività di azione verso l’emicrania, ma non per altri dolori e un sito di azione prevalentemente periferico.
La prevenzione dell’emicrania episodica attraverso la stimolazione vestibolare calorica; un trial randomizzato controllato.
Wilkinson D et al.
Headache 2017 Jul;57(7):1065-1087.
L’obiettivo di questo studio multicentrico è di valutare la sicurezza e l’efficacia di un nuovo dispositivo allo stato solido di stimolazione vestibolare calorica (CVS) come terapia adiuvante nella profilassi dell’emicrania episodica in pazienti adulti. L’emicrania è causa di grave disabilità in circa il 12% della popolazione mondiale. Nessun trattamento preventivo attualmente fornisce un sollievo clinico completo e molti pazienti presentano elevati tassi di sospensione dei farmaci a causa degli effetti collaterali. Pertanto, sono necessarie nuove opzioni terapeutiche. La CVS può essere una terapia adiuvante efficace e sicura per la prevenzione dell’emicrania episodica. In uno studio clinico multicentrico, randomizzato versus placebo (clinical trials.gov: NCT01899040) i soggetti hanno completato un trattamento di 3 mesi con il dispositivo TNM ™ per CVS. L’endpoint primario era la variazione del numero di giorni di emicrania al mese dal basale al terzo mese di trattamento. Gli endpoint secondari erano un tasso di risposta pari ad almeno il 50%, il cambiamento nell’uso di analgesici da banco e la differenza nei punteggi alle scale del dolore. Le valutazioni sulla sicurezza del dispositivo includevano l’impatto sull’umore, sulla sfera cognitiva o sull’equilibrio. I soggetti nel braccio attivo hanno mostrato un’immediata e continua riduzione della frequenza di emicrania durante il periodo di trattamento. Dopo 3 mesi di trattamento, i soggetti nel braccio attivo presentavano meno giorni di emicrania con una differenza statisticamente significativa (-3,9 ± 0,6 giorni rispetto al basale di 7,7 ± 0,5 giorni di emicrania). Questi miglioramenti erano statisticamente maggiori rispetto a quelli osservati nei soggetti di controllo (-1,1 ± 0,6 dal basale = 6,9 ± 0,7 giorni di emicrania) e rappresentavano un “ guadagno terapeutico” ossia una diminuzione di -2,8 giorni di emicrania (CI = -0,9 a -4,7, P = .012) . I soggetti nel braccio attivo hanno, inoltre, riportato maggiori riduzioni nell’uso di farmaci da banco in acuto e minori punteggi mensili di dolore rispetto ai controlli. Non sono stati riportati effetti negativi sull’umore, sulla sfera cognitiva o sull’equilibrio. I soggetti hanno completato la prova con una percentuale media di adesione al trattamento del 90%. Non sono stati registrati eventi avversi gravi o imprevisti. Il tasso atteso di eventi avversi è stato simile nei gruppi attivi e nei placebo. Secondo questi autori, il dispositivo TNM ™ per CVS sembra fornire una valida opzione terapeutica adiuvante, clinicamente efficace e altamente tollerabile, nella prevenzione dell’emicrania episodica.
Prevalenza della RLS nei pazienti emicranici: uno studio caso-controllo. Analisi dei fattori di rischio di RLS nei pazienti emicranici.
Valente M et al.
Headache 2017 Jul;57(7):1088-1095.
La sindrome delle gambe senza riposo (RLS) è un disturbo sensori-motorio. Può essere idiopatica, associata ad altre malattie o a trattamenti farmacologici. È stato riportato che la RLS si presenta più frequentemente nei pazienti affetti da emicrania, ma sembra ancora in discussione un chiaro collegamento patogenetico. Autori italiani hanno valutato la prevalenza della RLS nell’emicrania, l’impatto sulla qualità del sonno e le principali determinanti cliniche di quest’associazione. Sono stati reclutati tutti i pazienti affetti da emicrania e i soggetti di controllo accoppiati per età e per sesso afferiti dal 1 ° gennaio 2011 al 30 dicembre 2012. La diagnosi di emicrania e di RLS è stata posta secondo i criteri diagnostici clinici noti. Sono state raccolte le storie cliniche e farmacologiche dei pazienti e somministrati questionari strutturati. La RLS è stata riscontrata in 29/180 (16,1%) pazienti emicranici e in 11/180 (6,1%) soggetti di controllo. Il rischio (OR) di RLS era pari a 2,95 (CI 95%, 1,42-6,11) volte. Tra i pazienti affetti da emicrania, dopo la correzione di possibili fattori di confondimento, la storia familiare (OR 3.863, CI 1.076-13.873) e “l’overload” serotoninergico (OR 3.654, CI 1.347-9.916) sono stati associati in modo significativo alla presenza di RLS. Il punteggio dell’indice di qualità del sonno secondo la scala di Pittsburgh era più elevato nei pazienti con emicrania e RLS rispetto ai soggetti senza RLS. L’associazione confermata tra emicrania e RLS potrebbe essere dovuta alla predisposizione familiare e all’effetto dei farmaci serotoninergici, che interferiscono probabilmente sull’equilibrio tra i due sistemi dopaminergico e serotoninergico.
GIUGNO 2017
Sicurezza e tollerabilità di erenumab come profilassi dell’emicrania cronica: uno studio di fase II, randomizzato, in doppio cieco, versus placebo.
Tepper S et al.
Lancet Neurol 2017 Jun;16(6):425-434.
E’ noto ormai da tempo che il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) gioca un ruolo importante nella fisiopatologia dell’emicrania. In questo studio americano è stata valutata l’efficacia e la sicurezza di erenumab, un anticorpo monoclonale umano contro il recettore CGRP, nei pazienti con emicrania cronica. Si tratta di uno studio multicentrico (69 centri di ricerca in Nord America e in Europa), randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, di erenumab per pazienti adulti di età compresa tra 18 e 65 anni affetti da emicrania cronica. L’emicrania cronica è stata definita come 15 o più giorni di cefalea al mese, di cui otto o più giorni di emicrania. I pazienti sono stati assegnati casualmente (3: 2: 2) a somministrazione sottocutanea di placebo, di erenumab 70 mg, o di erenumab 140 mg, somministrati ogni 4 settimane per 12 settimane. La randomizzazione è stata eseguita dal centro coordinatore utilizzando un sistema di risposta interattiva vocale o via web. I pazienti, i ricercatori e gli sponsor erano in cieco riguardo l’assegnazione del trattamento. L’endpoint primario valutato era la variazione dei giorni di emicrania mensile dal basale alle ultime 4 settimane di trattamento (settimane 9-12). Gli endpoint di “safety” sono stati gli eventuali eventi avversi, i parametri di laboratorio, i segni vitali e la titolazione degli anticorpi anti-erenumab. L’analisi di efficacia era fatta su pazienti che avevano ricevuto almeno una dose del farmaco sperimentale e completato almeno una misurazione mensile post-basale. L’analisi della “safety” del farmaco era effettuata su quei pazienti che avevano ricevuto almeno una dose di prodotto sperimentale. Lo studio è stato registrato con ClinicalTrials.gov, numero NCT02066415. Dal 3 aprile 2014 al 4 dicembre 2015, 667 pazienti sono stati randomizzati nel braccio con placebo (n = 286), con erenumab 70 mg (n = 191) o con erenumab 140 mg (n = 190). Erenumab 70 mg e 140 mg riducono il numero di giorni/mese di emicrania rispetto al placebo (entrambe le dosi -6 • 6 giorni vs placebo -4 • 2 giorni, differenza -2 • 5, 95% CI -3 • 5 a -1 • 4, p <0 • 0001). Gli eventi avversi sono stati riportati da 110 (39%) di 282 pazienti, 83 (44%) di 190 pazienti e 88 (47%) di 188 pazienti nei gruppi placebo, 70 mg e 140 mg rispettivamente. Gli eventi avversi più frequenti sono stati il dolore nel sito di iniezione, infezioni delle vie respiratorie superiori e nausea. Gli eventi avversi gravi sono stati riportati rispettivamente da sette pazienti (2%), sei (3%) e due (1%); nessun evento avverso è stato segnalato in più di un paziente in qualsiasi gruppo o ha portato alla sospensione del trattamento. 11 pazienti nel gruppo di 70 mg e tre nel gruppo da 140 mg avevano sviluppato anticorpi anti-erenumab ma nessun paziente aveva sviluppato anticorpi anti-erenumab neutralizzanti. Non sono state identificate anomalie clinicamente significative nei parametri vitali, di laboratorio o all’elettrocardiogramma. Dei complessivi 667 pazienti randomizzati al trattamento, 637 hanno completato il trattamento. Quattro si sono ritirati per eventi avversi, due nel gruppo placebo e due nel gruppo di 140 mg. Alla luce di tali dati, gli autori suggeriscono che nei pazienti con emicrania cronica erenumab 70 mg e 140 mg riduce il numero di giorni/mese di emicrania con un profilo di sicurezza simile al placebo, fornendo prove che erenumab potrebbe essere una potenziale terapia per la prevenzione delle emicranie. Ulteriori ricerche sono necessarie per comprendere l’efficacia a lungo termine e la sicurezza di erenumab.
Gli effetti dell’implementazione di acido folico e piridossina sulle caratteristiche degli attacchi di emicrania nei pazienti con emicrania con aura: uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato per placebo.
Ascari G et al.
Nutrition 2017 Jun;38:74-79.
Lo scopo di questo studio iraniano è quello di valutare gli effetti dell’acido folico in monoterapia e in combinazione con la piridossina sulle caratteristiche degli attacchi di emicrania nei pazienti adulti affetti da emicrania con aura. Lo studio, in doppio cieco e randomizzato, controllato con placebo, è stato condotto su 95 pazienti con emicrania aura (di età compresa tra 18 e 65 anni) a Isfahan, Repubblica Islamica dell’Iran, nel 2014. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere l’acido folico (5 mg / die) associato a piridossina (80 mg / die) o l’acido folico da solo (5 mg / die) o placebo (lattosio) per 3 mesi. Per ogni paziente sono state registrate, all’inizio e al termine dello studio, le caratteristiche degli attacchi di emicrania, quali l’intensità della cefalea, la frequenza degli attacchi, la loro durata e i risultati del diario della cefalea (HDR). L’assunzione di acido folico e di piridossina ha determinato una significativa riduzione, rispetto al placebo, dell’intensità della cefalea (-2,71 ± 0,08 contro -2,19 ± 0,05, P <0,001), della frequenza di crisi (-3,35 ± 0,09 contro -2,73 ± 0,05, P <0,001), della durata (-7,25 ± 0,17 contro -6,5 ± 0,07; P <0,001) e del punteggio HDR (-74,15 ± 0,2 rispetto a -72,73 ± 0,1, P <0,001). Inoltre, la riduzione di queste caratteristiche degli attacchi di emicrania nel gruppo che ha assunto acido folico e piridossina in combinazione appariva più significativa rispetto al gruppo di pazienti che aveva assunto solo acido folico (P <0,001). Tuttavia, questi effetti della terapia combinata non influenzavano la durata dell’attacco emicranico rispetto ai gruppi di pazienti in trattamento con acido folico e placebo. L’assunzione di acido folico senza piridossina non ha portato ad una significativa modificazione delle caratteristiche degli attacchi di emicrania rispetto al gruppo placebo. La supplementazione dell’acido folico con la piridossina potrebbe modificare le caratteristiche degli attacchi di emicrania, esclusivamente nel ridurre l’intensità della cefalea, la frequenza degli attacchi e il punteggio HDR; tuttavia, ulteriori studi sono necessari per chiarire i risultati di questo studio.
Cellule staminali nel trattamento delle emicranie croniche refrattarie.
Mauskop A, Rothaus KO.
Case Rep Neurol 2017 Jun 14;9(2):149-155.
In letteratura scientifica è stato riportato che la componente stromale vascolare autologa di origine adiposa (SVF), ricca di cellule stromali mesenchimali, sia efficace nel trattamento del dolore neuropatico trigeminale, della emicrania cronica e della cefalea di tipo tensivo cronico. È possibile che l’attività delle cellule staminali sia diretta contro l’infiammazione neurogenica, aspetto ben documentato nella patogenesi dell’emicrania. In questo studio americano sono stati inclusi pazienti adulti con grave disabilità associata all’emicrania, misurata dal punteggio MIDAS (Misalignement for Abnormal Abnormalness), che non hanno risposto al trattamento iniettivo con tossina botulinica e refrattarie ad almeno 3 farmaci di profilassi. L’endpoit primario dello studio è stata la valutazione della variazione del punteggio MIDAS 3 mesi dopo il trattamento. Per ottenere il tessuto adiposo è stata eseguita una liposuzione standard, da cui è stata isolata la SVF mediante centrifugazione. Un campione di SVF di ogni paziente è stato testato per calcolare il numero di cellule nucleate e la loro vitalità. Sono state iniettate nei muscoli pericranici, del collo e del trapezio tra 8 e 10 ml di SVF con 2,5-8,6 milioni di cellule vitali. Un uomo e 8 donne sono stati arruolati nello studio. L’età media era di 48 anni, la durata media della cefalea era di 16 anni, il numero medio di farmaci di profilassi assunti era di 10 e il punteggio medio MIDAS alla base era di 122. Tre mesi dopo la procedura il punteggio medio al MIDAS era 88. Sette pazienti su 9 hanno presentato una riduzione del loro punteggio MIDAS, mentre solo 2 hanno avuto miglioramenti significativi. Sulla base di tali dati, sebbene con un campione a numerosità ridotta, tali autori americani suggeriscono che l’uso della SVF da tessuto adiposo autologo può essere efficace nel trattamento di emicranie croniche refrattarie È possibile che l’uso di cellule staminali allogeniche possa offrire un approccio più pratico ed efficace.
MAGGIO 2017
L’emicrania con aura in età pediatrica: un’ampia serie di casi italiani.
Taga A, Russo M, Genovese A, Paglia MV, Manzoni GC, Torelli P.
Neurol Sci. 2017 May;38(Suppl 1):185-187. doi: 10.1007/s10072-017-2943-4.
Lo scopo di questo studio era quello di descrivere le caratteristiche dell’emicrania con aura (MwA) in una serie di pazienti con cefalea esordita prima dei 12 anni di età. Gli autori hanno considerato tutti i pazienti afferiti consecutivamente al Centro Cefalee di Parma tra il 1975 e il 2015 affetti da MwA, diagnosticati da neurologi esperti. I casi sono stati successivamente riesaminati applicando i criteri della classificazione ICHD3-beta. Sono stati successivamente individuati i casi con cefalea esordita prima dei 12 anni (cioè, casi “pediatrici”), e confrontati con tutti i casi rimanenti, identificando così 283 casi ad insorgenza pediatrica (87 maschi e 196 femmine). Il rapporto maschio-femmina era 1: 2,3 in entrambi i casi “pediatrici” e “non pediatrici”. Il ritardo tra l’esordio della MwA e la prima valutazione clinica è apparso significativamente maggiore tra i casi pediatrici (18,7 ± 13,3 vs 10,4 ± 10,4 anni). In entrambi i gruppi di pazienti, l’aura visiva era il tipo più comune di aura, seguito da disturbi sensitivi e del linguaggio; tuttavia, questi due ultimi sintomi dell’aura erano significativamente più comuni nei casi pediatrici. In questo gruppo di pazienti, l’aura senza cefalea era significativamente meno frequente (1,8 vs 5,3%); inoltre, la cefalea aveva caratteristiche emicraniche in una percentuale più alta di casi (90,1 vs 82,6%). La presenza di una storia familiare di MwA era significativamente più frequente nei casi con insorgenza pediatrica (31,1 vs 16,9%). I maschi, ma non le femmine con MwA pediatrica, avevano più frequentemente anche emicrania senz’aura (27,6 vs 16,8%). Tra i casi con insorgenza pediatrica non vi sono differenze significative tra maschi e femmine. In conclusione, in questo ampio gruppo di pazienti con MwA, quelli con esordio prima dei 12 anni sembrano avere un fenotipo clinico specifico, senza differenze significative di genere.
L’emicrania e l’aterosclerosi cerebrovascolare nei pazienti con ictus ischemico.
Van Os HJA, Mulder IA, Broersen A, Algra A, van der Schaaf IC, Kappelle LJ, Velthuis BK, Terwindt GM, Schonewille WJ, Visser MC, Ferrari MD, van Walderveen MAA, Wermer MJH.
Stroke. 2017 May 19. pii: STROKEAHA.116.016133. doi: 10.1161/STROKEAHA.116.016133. [Epub ahead of print]
L’emicrania è un fattore di rischio ben consolidato per l’ictus ischemico, ma l’emicrania è anche correlata ad altre malattie vascolari. Questo studio mira a studiare l’associazione tra emicrania ed aterosclerosi cerebrovascolare nei pazienti con ictus ischemico acuto. Gli autori hanno recuperato i dati sui pazienti con ictus ischemico dallo studio DUST (Dutch Acute Stroke Study). La storia dell’emicrania è stata valutata attraverso uno screening mirato e confermata da interviste telefoniche basate sui criteri ICHD (International Classification of Headache Disorders). Sono state valutate le alterazioni in senso aterosclerotico dei vasi intra ed extracranici e la presenza di calcificazioni intracraniche nelle arterie carotide interne, quantificando tali parametri come misura del carico aterosclerotico alla tomografia computerizzata senza contrasto e all’angio-TC. Sono stati calcolati i rischi con correzioni di eventuali fattori confondenti mediante analisi di regressione multivariabile di Poisson. Sono stati arruolati 656 pazienti, dai 18 ai 99 anni di età, di cui 53 con una storia di emicrania (29 di emicrania con aura). I pazienti affetti da emicrania non avevano alterazioni aterosclerotiche nei vasi intracranici (51% contro 74%, rapporto rischio risposto, 0,82, intervallo di confidenza 95%, 0,64-1,05) o nei vasi extracranici (62% contro 79%; Intervallo di confidenza del 95%, 0,77-1,12) più frequentemente rispetto ai pazienti senza emicrania e avevano volumi comparabili di calcificazione delle arterie carotide interne ( il rapporto di rischio corretto, 0,93, l’intervallo di confidenza 95%, 0,57-1,52 ). Gli autori concludono che l’emicrania non è associata con l’aterosclerosi nei grandi vasi intra ed extracranici nei pazienti con ictus ischemico acuto. Tali risultati suggeriscono che i meccanismi biologici con cui l’emicrania provoca l’ictus ischemico non sembrano essere correlati con l’aterosclerosi cerebrale macrovascolare.
APRILE 2017
Diclofenac potassico in soluzione orale (CAMBIA ®) nella gestione acuta di un attacco di emicrania: evidenze cliniche ed esperienza pratica.
Joshi S, Rapoport AM.
Ther Adv Neurol Disord. 2017 Apr;10(4):217-226. doi: 10.1177/1756285616684494. Epub 2017 Feb 8.
L’emicranica colpisce circa il 12% delle popolazioni occidentali ed è la terza malattia più diffusa in tutto il mondo (la sesta n termini di disabilità). Nel 1993, i triptani sono stati introdotti negli Stati Uniti come un nuovo trattamento per la gestione degli attacchi di emicrania, ma il loro uso è limitato dalla mancanza di risposta in alcuni casi e dalle preoccupazioni sulla loro sicurezza in alcuni pazienti. Le opzioni di trattamento per i pazienti con emicrania che non riescono o non possono tollerare i triptani includono lo “switching” ad un’altra categoria di farmaci o l’aggiunta di un farmaco differente. Le caratteristiche desiderabili riportate dai pazienti per il trattamento acuto degli attacchi di emicrania includono un completo sollievo dal dolore, un inizio rapido dell’azione e nessuna recidiva del dolore. Il diclofenac è u n antinfiammatorio non steroideo che è stato stabilito essere efficace nel trattamento acuto dell’emicrania da parte della American Headache Society sulla base delle prove scientifiche disponibili. Il diclofenac potassico in soluzione orale è rapidamente assorbito, raggiungendo le massime concentrazioni plasmatiche in 15 minuti, coincidente con una rapida insorgenza dell’effetto. In un confronto di diclofenac potassico in soluzione orale con le relative compresse, la soluzione orale ha ottenuto una significativa riduzione dell’intensità della cefalea a partire da 15 minuti dopo l’assunzione rispetto ai 60 minuti per la compressa. Attraverso studi clinici randomizzati, circa il 25% dei pazienti erano liberi dal dolore 2 ore dopo la somministrazione della soluzione orale di diclofenac e gli effetti sono stati mantenuti durante un periodo di 24 ore. Il diclofenac potassico in soluzione orale è ben tollerato; gli eventi avversi più comuni sono vertigini e disturbi gastrointestinali, con incidenze simili al placebo. Non sono stati riportati eventi avversi gravi in studi clinici con diclofenac potassico in soluzione orale nel trattamento acuto dell’emicrania. La soluzione orale di Diclofenac può offrire un sollievo dal dolore rapido e sostenuto per i pazienti che non raggiungono la risoluzione completa del loro dolore con altri farmaci. Inoltre, anche i pazienti emicranici che sperimentano allodinia per sensibilizzazione centrale possono beneficiare dell’attività di blocco della cicloossigenasi da parte del diclofenac, necessaria in questa fase avanzata di emicrania.
L’“imbalance” dopaminergico D2 / D3 durante l’attacco di emicrania e l’allodinia in vivo.
DaSilva AF, Nascimento TD, Jassar H, Heffernan J, Toback RL, Lucas S, DosSantos MF, Bellile EL, Boonstra PS, Taylor JMG, Casey KL, Koeppe RA, Smith YR, Zubieta JK.
Neurology. 2017 Apr 25;88(17):1634-1641. doi: 10.1212/WNL.0000000000003861. Epub 2017 Mar 29.
Per valutare in vivo la dinamica della neurotrasmissione endogena dopaminergica (DA) durante l’attacco emicranico con allodinia, gli autori hanno esaminato 8 pazienti con emicrania episodica e 8 controlli sani (HC) utilizzando la PET con [11C] raclopride. La captazione di [11C] raclopride, o potenziale di legame irreversibile (BPND), aumenterebbe quando vi è una riduzione della liberazione endogena di DA. Il contrario si verifica per una diminuzione del BPND [11C] di raclopride. I pazienti sono stati scansionati due volte: una scansione PET è stata eseguita durante una crisi spontanea di emicrania a riposo, seguita da una alterazione prolungata della soglia di dolore termico (STPT) nella regione trigeminale, provocando un’esperienza di allodinia; un’altra scansione PET è stata eseguita durante la fase intercritica. Il BPND striatale di [11C] raclopride negli emicranici non differiva dai controlli sani. E’ stato riscontrato un aumento significativo del BPND di [11C] raclopride nella regione dello striato degli emicranici sia durante l’attacco di emicrania sia durante l’allodinia rispetto alla fase intericritica. Tuttavia, rispetto agli attacchi emicranici a riposo, gli emicranici durante la fase con STPT hanno avuto una significativa e improvvisa riduzione di BPND di [11C] raclopride nell’insula. Tale cambiamento è stato osservato anche nel caudato dei soggetti di controllo sani rispetto alla fase intercritica. Inoltre, i cambiamenti che avvengono durante la crisi di emicrania nel BPND di [11C] raclopride sono stati positivamente correlati con la cronicità degli attacchi di emicrania e negativamente correlati con la frequenza di crisi. Gli autori concludono che tali risultati dimostrano che vi è un’alterata captazione di [11C] raclopride durante l’attacco di emicrania e durante la fase dell’allodinia, e ciò indica la presenza di una riduzione e di una fluttuazione nella liberazione endogena di DA negli emicranici. Inoltre, più lunga è la storia di malattia e la ricorrenza degli attacchi di emicrania, minore è la liberazione endogena di DA durante l’attacco.
MARZO 2017
L’efficacia della terapia di combinazione ibuprofene- lorazepam nel trattamento dell’emicrania acuta: uno studio clinico randomizzato.
Rad RE, Ghaffari F, Fotokian Z, Ramezani A.
Electron Physician 2017 Mar 25;9(3):3912-3917. doi: 10.19082/3912. eCollection 2017 Mar.
L’emicrania è una malattia comune, episodica e debilitante. L’emicranico non soffre solo di dolore, ma ha una qualità di vita ridotta. Diverse terapie sono utilizzate per alleviare i sintomi debilitanti di questa malattia. Questo studio è stato condotto per determinare l’efficacia della terapia combinata di Ibuprofene e Lorazepam nel trattamento dei sintomi dell’emicrania acuta. Tale studio clinico randomizzato ha utilizzato il progetto pretest-posttest con tre trattamenti di confronto, per esaminare 90 pazienti con una media di due-sei attacchi al mese e una diagnosi iniziale di emicrania basata sui criteri diagnostici internazionali dell’Headache Society (IHS). Lo studio è stato condotto nella prima metà del 2014 sui pazienti con una diagnosi di attacchi di emicrania acuta che sono stati indirizzati all’ospedale Babol Ayatollah Rouhani in Iran. I pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi, ciascuno di 30. Al primo gruppo è stato somministrato Ibuprofene in capsule da 200 mg, al secondo gruppo 400 mg di Ibuprofene in capsule e al terzo gruppo una associazione di 200 mg di Ibuprofene in capsule e 1 mg di Lorazepam in compresse. I farmaci sono stati assunti dai pazienti alla presenza del ricercatore. E’ stata utilizzata una check-list per valutare l’intensità della cefalea e gli altri sintomi emicranici come la nausea, il vomito, la fotofobia e la fonofobia nei pazienti, prima e due ore dopo l’assunzione dei farmaci. I dati sono stati analizzati in SPSS-18 utilizzando il test di Mann-Whitney, il test di McNemar, il test di Wilcoxon, il NOVA e il test Chi-squared al livello di significatività di p <0,05. Lo spettro di potenza con 30 pazienti in ciascun gruppo per eseguire questo studio era di 0,8 (1-β). L’età media dei partecipanti è stata di 52 ± 8 anni, con più donne nel campione (56%). Tutti e tre i regimi di trattamento hanno ridotto significativamente l’intensità della cefalea nei pazienti (p <0,001); Tuttavia, la terapia di combinazione utilizzata, ha prodotto la più bassa intensità media di cefalea (p <0,001). La più alta riduzione di nausea e vomito si aggirava intorno al 3,3%. Nessuno dei pazienti dei tre gruppi ha segnalato fonofobia dopo la terapia, ma solo i pazienti del gruppo ibuprofene-lorazepam non hanno riportato fotofobia. Secondo gli autori, data la maggiore efficacia della terapia con ibuprofene e lorazepam per alleviare i sintomi dell’emicrania acuta rispetto ai trattamenti monoterapici con ibuprofene, è consigliabile utilizzare Lorazepam come trattamento di prima linea per l’attacco di emicrania.
Nevrosi, depressione e percezione del dolore nell’emicrania e nella cefalea di tipo tensivo.
Ashina S, Bendtsen L, Buse DC, Lyngberg AC, Lipton RB, Jensen R.
Acta Neurol Scand. 2017 -5 marzo. Doi: 10.1111 / ane.12751. [Epub prima della stampa]
I soggetti affetti da emicrania e cefalea di tipo tensivo (TTH) frequentemente hanno comorbilità psichiatriche. Gli autori hanno cercato di verificare eventuali differenze in ambito psicopatologico per tipo e frequenza di cefalea primaria e in base alla sensibilità del dolore. I dati relativi alle caratteristiche di emicrania, alla presenza di nevrosi (Eysenck Personality Questionnaire) e depressione (Major Depression Inventory) sono stati ottenuti esaminando 547 individui classificati in emicrania in cronica (≥15) o episodica (<15 giorni di cefalea al mese) ed emicrania pura (n = 43) (TTH, n = 97), emicrania e TTH (n = 83) e nessuna diagnosi di cefalea (controlli, n = 324). E’ stato calcolato un punteggio totale di dolorabilià da contrattura pericranica (TTS) e la soglia di dolorabilità alla pressione (PPTs). Le differenze in ambito psicopatologico sono state esaminate in base alla frequenza e al tipo di cefalea usando modelli misti lineari generalizzati che si adattano alle diverse variabili sciodemografiche. I punteggi per depressione sono più alti tra i soggetti con cefalea cronica, più bassi in quelli con cefalea episodica e ancor più bassi nei controlli. I gruppi cronici e episodici hanno avuto punteggi più elevati di nevrosi rispetto ai controlli. In totale, tali punteggi sono stati più alti nel gruppo degli emicranici con TTH associata e più bassi nel gruppo di controllo. I punteggi TTS e PPT cefalici sono stati correlati con la nevrosi e la depressione e sono più elevati nel gruppo con cefalea cronica rispetto al gruppo dei controlli anche quando corretti per la nevrosi e la e la depressione. I maggiori punteggi alle scale per nevrosi e depressione sono associati alla frequenza della cefalea (cronica vs episodica) e sono più alti per l’emicrania e la TTH, senza influenzare i punteggi per TTS e PPT tra i vari gruppi con cefalea.
FEBBRAIO 2017
La comparsa di cefalea e i tipi di cefalea nei pazienti con tumori della regione sellare – può l’intervento chirurgico risolvere il problema? I risultati di uno studio prospettico in un singolo centro.
Siegel S, Weber Carneiro R, Buchfelder M, Kleist B, Grzywotz A, Buslei R, Bingel U, Brabante G, Schenk T, Kreitschmann-Andermahr I.
Endocrine. 2017 May;56(2):325-335. doi: 10.1007/s12020-017-1266-9. Epub 2017 Feb 27
La cefalea è un sintomo comune di presentazione di adenomi ipofisari e altri tumori della regione sellare. Tuttavia, al momento, non è ancora chiaro se la cefalea sia effettivamente causata dal tumore. Per comprendere se esiste una relazione causa-effetto, gli autori hanno esaminato in dettaglio i differenti tipi di mal di testa, il loro rapporto con la patologia sottostante e se il mal di testa ha risposto all’intervento neurochirurgico in uno studio prospettico. Sono stati reclutati nalizzati 112 pazienti con tumori della regione sellare candidati all’intervento neurochirurgico afferenti in un unico centro e valutati per la presenza o meno di cefalea prima dell’intervento e almeno 3 mesi dopo l’intervento chirurgico. I pazienti sono stati intervistati con questionari di auto-valutazione appositamente allestiti per la cefalea e la depressione , presentati su un computer palmare (PainDetect®). Le variabili cliniche maggiormente influenzanti la cefalea sono state analizzate in associazione ai dati dei questionari. Il 53% dei pazienti (n:59) ha riportato cefalea nei 3 mesi precedenti l’intervento, il 44% (n:49) aveva mal di testa al momento della compilazione dei questionari. I quattro pazienti con apoplessia pituitaria descrivevano luna “cefalea a rombo di tuono”. Negli altri pazienti sono stati riscontrati diversi tipi di cefalea, più frequentemente emicrania. Il deficit di gonadotropina non trattato è stato significativamente associato all’assenza di mal di testa, mentre nessuna delle altre variabili cliniche e morfologiche correlava con la cefalea. La disabilità e la persistenza del mal di testa non erano significativamente ridotte dall’intervento chirurgico. Oltre all’apoplexia pituitaria, gli autori non hanno individuato alcun tipo di cefalea specifica in questo gruppo di pazienti e soprattutto nessun miglioramento significativo della cefalea dopo l’intervento neurochirurgico. La cefalea da sola non costituisce né un marcatore diagnostico valido per la presenza di tumori della regione sellare né un’indicazione sufficiente alla rimozione tumorale.
Ruolo della β endorfina nella percezione del dolore a seguito di stimolazione magnetica trascranica ripetitiva ad alta frequenza nell’emicrania.
Misra UK, Kalita J, Tripathi G, Bhoi SK.
Brain Stimul. 2017 maggio-giugno; 10 (3): 618-623. Doi: 10.1016 / j.brs.2017.02.006. Epub 2017 24 feb.
Nell’emicrania è stata riportata l’efficacia della stimolazione magnetica transcranica ripetitiva ad alta frequenza (rTMS) e la β-endorfina (BE) può avere un ruolo nel sollievo dal dolore cefalico. Al fine di indagare meglio il ruolo della BE e dei suoi μ (MOR) e δ recettori oppioidi (DOR) nel sollievo del dolore emicranico dopo rTMS ad alta frequenza, gli autori hanno studiato 99 pazienti affetti da emicrania con più di 4 attacchi al mese. Ogni paziente è stato sottoposto ad una seduta di rTMS a 10 Hz (600 impulsi in 10 treni) sulla corteccia motoria sinistra; 24 pazienti sono stati sottoposti a 3 sessioni (gruppo 1), 22 pazienti ad 1 sessione (gruppo II) e 47 pazienti ad una stimolazione “sham” (gruppo III). Sono state misurate sia le concentrazioni plasmatiche di BE sia l’espressione dell’RNA di MOR e DOR prima e dopo la terza sessione di rTMS. Il miglioramento della frequenza e della gravità della cefalea è stato valutato a distanza 1 mese. Le concentrazioni plasmatiche BE erano più basse nei pazienti con emicrania rispetto ai controlli (P = 0.01) mentre dopo stimolazione le concentrazioni di BE erano più elevate nel gruppo I rispetto al gruppo III (P = 0,02). I pazienti “responders”avevano concentrazioni plasmatiche di BE più elevate rispetto ai “non responders” (P = 0.004). Una concentrazione plasmatica di BE post stimolazione superiore a 4 ng / ml è stata associata al miglioramento della frequenza di cefalea in 43 pazienti (81,1%), mentre solo 23 (57,5%) apparivano migliorati se la concentrazione plasmatica di BE era inferiore a 4 ng / ml (P = 0,02), indipendentemente dal numero di sessioni di rTMS. In base a tali risultati, gli autori concludono che la rTMS a 10 Hz può alleviare l’emicrania attraverso un aumento dei livelli di BE. Una concentrazione plasmatica di BE superiore a 4 ng / ml sembra essere il “cut-off” critico nella risoluzione del dolore emicranico indipendentemente dal tipo di rTMS.
GENNAIO 2017
Esiti del parto in donne con emicrania acuta in gravidanza: uno studio retrospettivo.
Grossman TB, Govindappagari S, Dayal AK, Robbins MS.
Headache. 2017 Jan 18. doi: 10.1111/head.13023.
Al fine di descrivere gli esiti della gestazione e del parto in donne gravide che si presentano in ospedale per un attacco acuto severo di emicrania in una fase precoce della gravidanza, autori statunitensi hanno analizzato retrospettivamente le cartelle cliniche relative a gravidanze e parto di pazienti inserite in un database relativo a consulenze neurologiche per cefalea nel corso di un periodo di 5 anni. Sono state identificate 86 donne in gravidanza affette da emicrania. L’età media era di 29.3 (± 6.4) anni. Quasi la metà delle pazienti ha avuto un attacco acuto di emicrania con aura (35/86 pari al 40,7%), il 12,8% (12/86) era affetta da emicrania cronica, e il 31,4% (27/86) ha presentato uno stato di male emicranico. Nel 54.7% dei casi ([41/75], 95% CI 29.87, 52.13) si sono avute complicanze con almeno un esito negativo, nel 28,0% ([21/75], 95% CI 11.78, 30.22) dei casi si è verificato un parto pretermine, nel 21,3% ([16/75], 95% CI 7.7, 24.3) preeclampsia, il 30,6% ([23/75] 95% CI 13,48, 32.52) ha avuto un parto cesareo, ed infine nel 18,7% dei casi ([14/75] 95% CI 6.15, 21.85) si è avuto un neonato di basso peso alla nascita. Gli autori concludono che le donne che presentano in gravidanza almeno un attacco di emicrania hanno un più elevato rischio di parto pretermine, preeclampsia e neonato con basso peso alla nascita, ma un minor rischio di parti cesarei rispetto alle popolazioni locali e generali. Più della metà delle pazienti inserite in questo studio (54,7% [41/75] 95% CI 29.87, 52.13) ha presentato almeno un esito negativo al parto, il che suggerisce che le gravidanze di pazienti emicraniche che si recano in ospedale per un consulto debbano essere sottoposte ad una sorveglianza più intensa.
Stato emicranico episodico: un nuovo sottotipo di emicrania.
Singh TD, Cutrer FM, Smith JH.
Cephalalgia. 2017 Jan 1:333102416686341. doi: 10.1177/0333102416686341.
Vengono segnalati alcuni casi di un possibile nuovo sottotipo di emicrania, che gli autori definiscono “stato emicranico episodico”(ESM), caratterizzato da attacchi di emicrania
che durano sempre più di 72 ore, ipotizzando che tale entità nosologica sia un possibile fenotipo di emicrania “instabile” ossia con una elevata tendenza a trasformarsi in emicrania cronica (CM). Gli autori hanno effettuato una revisione retrospettiva di cartelle cliniche di pazienti con diagnosi di “ stato di male emicranico” afferiti alla Mayo Clinic di Rochester nel decennio compreso tra il gennaio 2005 e il mese di dicembre 2015. Tutte le cartelle sono state rivalutate al fine di individuare solo i pazienti con attacchi di emicrania di durata superiore alle 72 ore. Sono stati così identificati 18 pazienti con ESM, con predominanza del sesso femminile (15/18 (83,3%)) ed un’età media di insorgenza di 16,5 (IQR 13-19) anni. La frequenza media mensile degli attacchi era pari a due (IQR 1-3), con ogni attacco della durata media di sette (IQR 4-12.5) giorni. Lo stress è stato il fattore scatenante più comunemente riportato (11 (61,1%)). L’emicrania con aura era abbastanza frequente (10/18 (55,6%)), così come la comorbidità con depressione (10/18 (55,6%)). Quindici pazienti (83,3%) hanno sviluppato una CM in un arco di tempo medio di 7.8 anni (IQR 2,6-21,9) dal loro primo attacco. Non c’era un’associazione significativa tra il tempo di sviluppo dell’emicrania cronica e la frequenza degli attacchi o la loro durata. Gli autori concludono proponendo l’esistenza di un nuovo sottotipo di emicrania episodica, lo “stato emicranico episodico”. Questo sottotipo di emicrania sembra avere caratteristiche cliniche simili all’emicrania episodica con o senza aura, tranne la particolare elevata tendenza a progredire in emicrania cronica.