L’emicrania è una malattia caratterizzata da attacchi di mal di testa episodici, ricorrenti, separati da intervalli liberi (senza mal di testa), a decorso cronico perché, una volta insorta, si mantiene negli anni, accompagnando un individuo per quasi tutto l’arco della vita.
Tuttavia gli attacchi da episodici (pochi giorni al mese) possono evolvere in una frequenza cronica (cioè superiore a 15 giorni al mese) o quasi quotidiana.
Questo processo di “progressione” o “trasformazione” da una forma episodica in cronica non avviene in tutti i soggetti emicranici (prevalenza del 2% nella popolazione generale) e non è né inesorabile, nè irreversibile.
La figura illustra la prevalenza della cefalea cronica in diverse nazioni del mondo.

Figura 1. Prevalenza di cefalea cronica nel mondo.

Studiosi americani in una recente revisione hanno cercato di focalizzare i potenziali fattori che portano a questo cambiamento (Current Opinion in Neurology 2009, 22:269-276).
Sulla base di numerosi studi epidemiologici e genetici, i fattori di rischio per una cronicizzazione dell’emicrania sono stati divisi in due gruppi: quelli modificabili e quelli non moficabili (Tab1).
Vengono riassunti i dati più importanti.

Frequenza degli attacchi di cefalea
È stata riscontrata un’elevata prevalenza di emicrania cronica nei parenti di primo grado di soggetti con emicrania cronica, suggerendo come primo dato una predisposizione “biologica” alla cronicizzazione. Non sorprende quindi che in questi soggetti una frequenza di attacchi inferiore o uguale a tre giorni di cefalea al mese possa rapidamente aumentare. Questa progressione sembra essere uno dei più importanti fattori di rischio di trasformazione alla cronicità. La comparsa di una maggiore frequenza degli attacchi emicranici può essere così un marker di un processo di evoluzione peggiorativa di un’emicrania inizialmente episodica.
Alternativamente ripetuti episodi di emicrania portano ad una sensitizzazione centrale*, con produzione di radicali liberi in quelle aree cerebrali che controllano il dolore, con la conseguenza di un’aumentata predisposizione alla cronicità.

Eccessivo uso di farmaci sintomatici
Numerosi studi dimostrano la relazione tra uso eccessivo di analgesici e trasformazione di una cefalea episodica in cronica e tutti portano alla stessa conclusione: i soggetti emicranici, se assumono analgesici per altre cause differenti dall’emicrania, hanno una maggiore probabilità di manifestare una cefalea frequente; contrariamente a quanto accade in soggetti non emicranici, anche se assumono quotidianamente analgesici.
La trasformazione di una cefalea da abuso di analgesici quindi richiede due fattori essenziali: l’uso eccessivo di farmaci sintomatici ed una predisposizione all’emicranica.
L’aumentato rischio di una cronicizzazione è due volte maggiore quando si assumono farmaci barbiturici o contenenti oppiacei (soprattutto nel sesso maschile), rispetto ai triptani e ai FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei). I triptani si associano ad una cronicizzazione in quei soggetti con una frequenza di giorni di mal di testa compresa tra i 10 e i 14 al mese; mentre i FANS appaiono protettivi nei soggetti con una frequenza di 10 giorni di al mese, inducendo una trasformazione solo in coloro con frequenza superiore.

Tabella 1. Fattori di rischio per la trasformazione di un’emicrania.

FATTORI NON MODIFICABILI FATTORI MODIFICABILI
Età

Basso livello di istruzione e/o socio-economico

Trauma cranico

Frequenza degli attacchi

Obesità

Abuso di farmaci e caffeina

Russamento

Eventi stressanti

Altre sindromi dolorose

Abuso di caffeina
Il ruolo della caffeina nell’evoluzione di una forma cronica è di enorme interesse dovuto al largo consumo di questa sostanza nella dieta, ma anche all’utilizzo di farmaci analgesici contenenti caffeina. È stato dimostrato che i soggetti con emicrania cronica sono maggiori consumatori di caffeina rispetto a coloro con emicrania episodica. Inoltre la sua brusca interruzione o diminuzione di consumo sono state associate ad una “cefalea da sospensione” in soggetti con cefalea cronica quotidiana, avvalorando l’importanza di questa sostanza come un fattore di rischio scatenante o aggravante un’emicrania.

Obesità
Il legame tra obesità e frequenza di una cefalea primaria è stato dimostrato in diversi studi di popolazione, in particolare l’associazione tra un elevato BMI (Indice di Massa Corporea) e la trasformazione di un’emicrania. Soggetti con valori di BMI tra 25-29 presentano un rischio di cronicizzazione 3 volte maggiore rispetto a coloro con peso corporeo normale.
Recenti studi inoltre hanno dimostrato che l’obesità è un fattore scatenante un attacco di emicrania, ma non per altri tipi di cefalea primaria.

Russamento e sindrome delle apnee notturne
L’associazione tra il russare e la progressione di una cefalea è stata ben documentata. Infatti soggetti con cefalea cronica quotidiana presentano una maggiore probabilità di russare (due volte superiore) rispetto a coloro con emicrania episodica. Così pure coloro che soffrono della sindrome delle apnee notturne possono manifestare un peggioramento della loro emicrania.

Allodinia cutanea
L’allodinia cutanea si riferisce alla percezione del dolore in assenza di uno stimolo doloroso.
Studi clinici hanno dimostrato che in circa due terzi degli emicranici si sviluppa questa sintomatologia dopo un attacco doloroso. È stato evidenziato che nella popolazione generale la sua prevalenza è significativamente più elevata nei soggetti con emicrania cronica (68,3%) rispetto a coloro con forma episodica (63,2%), ed è anche maggiore per queste forme di cefalea rispetto ad altre (per esempio cefalea di tipo tensivo o altre forme di cefalea cronica primaria).
Interessante è il dato che negli emicranici l’allodinia è influenzata da una serie di fattori di rischio non modificabili quali il sesso maschile, la razza afro-americana, il basso livello educativo; mentre tra quelli modificabili da una maggiore frequenza degli attacchi, da un’elevata intensità degli stessi e da elevati livelli di disabilità.

Comorbilità psichiatrica ed eventi stressanti
In relazione alla trasformazione emicranica l’associazione tra emicrania e diverse condizioni psichiatriche è stata ben documentata in numerosi studi. Così come è stato dimostrato che soggetti con emicrania cronica hanno una maggiore probabilità di presentare depressione e sindrome ansiosa rispetto a soggetti con cefalea di tipo tensivo cronica. Inoltre studi recenti hanno evidenziato che nelle donne con depressione maggiore è più frequente un’emicrania cronica.
Studi di popolazione hanno documentato che la trasformazione di un’emicrania è in funzione di importanti cambiamenti di vita o di situazioni molto stressanti (cambio di impiego, di residenza, il matrimonio, il decesso di un familiare, la preoccupazione dei figli) nell’anno precedente o nello stesso anno all’insorgenza di una cefalea frequente.

Gli autori concludono che la valutazione delle caratteristiche demografiche, di condizioni concomitanti (obesità, depressione), di fattori ambientali (stress, traumi cranici) diventa importante nei soggetti emicranici la cui presenza può favorire una progressione sfavorevole della malattia emicrania.
In questi soggetti andrà inoltre considerata la necessità di una terapia più aggressiva a prevenire lo sviluppo di una forma cronica, oltre che ad una serie di provvedimenti specifici quali:

  • monitoraggio del BMI;
  • consiglio a mantenere un peso corporeo normale;
  • astensione all’assunzione eccessiva di caffeina o a farmaci che contengano oppiodi o barbiturici;
  • accertamenti specifici relativi a problemi del sonno;
  • l’individuazione di problematiche psichiatriche.

Il consiglio
In tutti i soggetti con emicrania, ma in modo particolare in coloro nei quali vengono identificati o presentano i fattori di rischio modificabili elencati diventa di fondamentale importanza assumere meno caffè, eseguire un regolare esercizio fisico associato a un sonno regolare e ristoratore, trattare l’insonnia, associare trattamenti anche non farmacologici quali il biofeedback, tecniche di rilassamento o yoga ed infine iniziare una terapia di profilassi il più precocemente possibile, evitando l’autogestione.

*sensitizzazione centrale: aumentata eccitabilità delle cellule nervose