L’emicrania, forma di cefalea primaria, ha alla base meccanismi ancora non ben identificati, anche se negli ultimi anni molti passi avanti sono stati fatti nella loro comprensione.
Innanzitutto si è ormai del tutto chiarito che l’emicrania è un evento complesso e la sua definizione non è rappresentata dal solo “dolore” ma comprende tutta una serie di sintomi precedenti il dolore (sintomi prodromici) ed accompagnanti il dolore (sintomi neurovegetativi dell’attacco) oltre a deficit neurologici focali transitori ben precisi (aura e correlati).

Un evento complesso deve avere meccanismi fisiopatologici altrettanto complessi alla base e pertanto molti sono i filoni di ricerca in tal senso.
Ci soffermeremo però solo sugli aspetti più recenti della ricerca in merito.

  1. A) Dal punto di vista biochimico si deve parlare del ruolo dei NEUROPEPTIDI nella genesi dell’attacco emicranico. I neuropeptidi sono catene di aminoacidi con un ruolo importante a livello del sistema trigemino-vascolare. È stato soprattutto studiato il neuropeptide CGRP che, pare, abbia molteplici implicazioni nella genesi dell’attacco
  2. per la sua capacità vasoattiva in senso dilatatorio sui vasi meningei (e quindi sulla genesi del dolore cefalico);
  3. per la sua importante azione a livello dei neuroni della via trigeminale, responsabile del “trasporto” del dolore;
  4. per la sua azione a livello del tronco encefalico, area cerebrale coinvolta nella generazione e modulazione del dolore cefalico.

Studiare e conoscere questo neuropetide significa anche arrivare ad importanti risvolti nella terapia dell’attacco. Pare inoltre che il CGRP sia anche coinvolto nei meccanismi connessi al fenomeno della cronicizzazione della cefalea.

  1. B) Dal punto di vista del neuroimaging, invece, gli aspetti cruciali della genesi dell’attacco emicranico sono stati esplicitati grazie ai progressi nel campo della Risonanza magnetica funzionale di cui abbiamo già accennato in uno dei precedenti articoli.

Lo studio con Risonanza magnetica funzionale ha permesso:

  1. di meglio comprendere quali aree del cervello sono coinvolte in corso di attacco di cefalea emicranica, attivandosi;
  2. di fornirci dati molto interessanti sul cervello del soggetto emicranico in fase intercritica, cioè nel periodo fra un attacco ed il successivo, corroborando l’ipotesi che si tratti di un cervello “diverso” da quello di un soggetto normale, “speciale”, con caratteristiche di scarsa adattabilità ed elasticità nei confronti degli eventi stressanti della vita.